L’IPNOSI
Cos’è, in pratica, l’ipnosi?
Ancora oggi c’è molto pregiudizio rispetto questa pratica, e molte sono le paure che le persone hanno rispetto alla possibilità di perdere il controllo, di non “RISVEGLIARSI” o peggio di fare o dire cose che non vorrebbero, immorali o sconvenienti.
Si tratta di false credenze: l’ipnosi è uno stato modificato di coscienza, è un fenomeno naturale e spontaneo, paragonabile a quello che la accade nell’addormentamento o nel risveglio, o in quei momenti di riposo, durante quelle fasi definite di “NORMALE TRANCE QUOTIDIANA
In questa fase il cervello riduce la sua attività cosciente, razionale e attiva le aree inconsce, emozionali.
Sembra accertato che nello stato ipnotico si sviluppi un ritmo delle onde cerebrali cosiddette “THETA”, simili a quelle degli stati mentali che caratterizzano la situazione normalmente detta di dormiveglia o stato crepuscolare.
Già gli antichi si erano accorti di quanto la mente in stato di trance potesse trovare soluzioni originali ai problemi che in sttao ordinario di coscienza non sembravano risolvibili. I consigli popolari “DORMIRCI SOPRA” o “LA NOTTE PORTA CONSIGLIO” sembrano proprio rimarcare questa consapevolezza dell’utilità di una mente che funziona in modalità ipnotica.
La sensazione riferita dai pazienti è quasi sempre di benessere e maggiore rilassamento, un po’ come quando ci si sta per addormentare, magari davanti alla televisione e le voci, ancorché udibili, si fanno man mano più lontane e nella mente cominciano a comparire le immagini e le sensazioni tipiche del funzionamento onirico della mente.
Durante l’ipnosi non è richiesto al paziente di parlare né di compiere nessun movimento: l’unica cosa che gli viene richiesta è di mettersi comodo sulla poltrona, chiudere gli occhi se lo desidera, e mettersi in posizione di ascolto, una posizione mentale più che una posizione fisica, che facilità un riorientamento dell’attenzione verso il proprio mondo interiore, fatto di sensazioni e di emozioni, per accedere così a quelle enormi capacità sopite che risiedono nel nostro inconscio.
Il terapeuta guida il paziente parlandogli, in un modo simile ad una seduta di meditazione, fornendo un aiuto ad entrare nello stato di trance naturale e potendo, una volta ottenuto lo stato mentale desiderato, offrire all’inconscio del paziente l’occasione di riattivare capacità e risorse nonchè eventuali stimoli terapautici nella direzione degli obiettivi concordati: sarà l’inconscio del paziente, con la sua naturale capacità di selezione e ricezione, a fare il miglior uso possibile del materiale esperienziale che la seduta di terapia in ipnosi porta.
In questo stato il paziente può appunto accedere alle proprie risorse più nascoste, a ciò che aveva imparato nel passato, e trovare autonomamente la soluzione più adatta per i propri problemi.
Cos’è la Psicoterapia Ipnotica? Quando parliamo di psicoterapia ipnotica, ci riferiamo ad un particolare tipo di terapia che si avvale dell’ipnosi quale strumento principale per la cura della persona. La psicoterapia ipnotica rientra nella classificazione delle psicoterapie brevi, ossia quelle tecniche che puntano alla risoluzione delle problematiche del paziente nel più breve tempo possibile (in base soprattutto alla velocità di risposta del paziente stesso).
La psicoterapia ipnotica neo-Ericksoniana – completamente in antitesi rispetto alla psicoanalisi – parte dal presupposto che l’inconscio non è la sede del rimosso e dei traumi, bensì quello delle risorse. Basandosi su questo modello della mente, dunque, prevede uno scambio più attivo durante la seduta. Paziente e terapeuta sono seduti l’uno di fronte all’altro. Il paziente su una poltrona comoda può interagire attivamente con il terapeuta durate la fase di colloquio, mentre si limita ad ascoltare durante l’ipnosi vera e propria.
Milton Hyland Erickson
La comprensione di quella che potremmo a tutti gli effetti definire una rivoluzione nel contesto della psicologia non può prescindere dalla figura di Milton Hyland Erickson (1901-1980) psichiatra statunitense che dedicò la sua intera esistenza allo studio e alla pratica dell’ipnosi come terapia per le persone. La figura che Milton Erikson ha voluto lasciare di se stesso come terapeuta e soprattutto come uomo è tutt’oggi avvolta da un alone di magia e mistero.
Fin dai primi momenti della sua esistenza il giovane Milton si è trovato a dover fronteggiare diverse difficoltà: soffrì di problemi neurologici ed era nato con amusia, dislessia, e un grave daltonismo, inoltre rischiò di morire di poliomielite salvandosi in maniera inaspettata ma presentando per il resto della sua vita atonia muscolare e un’aritmia cardiaca. Con il tempo, e avvalendosi dell’autoipnosi, Erickson imparò a guarire dapprima se stesso, e poi apprese come guarire gli altri. Anche nella vecchiaia la quasi totale perdita di autonomia motoria non rappresentò per lui una reale perdita, bensì uno strumento da utilizzare per farsi egli stesso mezzo di guarigione dell’Altro. Ed è in questo che risiede la più grande lezione di Erickson, che non solo non si è lasciato distruggere dalla perdita dell’autonomia bensì se ne è avvalso come occasione per mettere in campo le proprie risorse inconsce più creative, al servizio tanto della propria esistenza come uomo, quanto come incarnazione di un modello positivo e suggestiva testimonianza per i propri pazienti.
Negli esseri umani, in ognuno di noi, c’è molto più di quanto crediamo che ci sia: impara a fidarti del tuo inconscio, lui sa sempre qualcosa che tu ancora non sai di sapere.